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Animali e circo, la posizione dell’Ente Nazionale Circhi PDF Stampa E-mail
mercoledì 19 luglio 2017

In risposta all’articolo Animali e circo, primo passo verso l’abolizione pubblichiamo i fondamentali passaggi della replica dell’Ente Nazionale Circhi.

«Senza animali, il circo perderà la sua ragione di esistere, morirà e verranno ridotti migliaia di posti di lavoro – si legge nella risposta dell’Ente -. Questa forma di spettacolo e arte sparirà dal nostro Paese e andrà a prendere la strada dell’esilio in nazioni europee ed extraeuropee che, nella quasi totalità dei casi, regolamentano, ma non vietano, gli spettacoli con animali. Il provvedimento sancirà la fine per la tradizione del circo italiano, che nell’arte della pista da secoli fa scuola nel mondo e primeggia nei festival internazionali del settore e che proprio nelle discipline dell’ammaestramento ha ottenuto i massimi risultati. Inoltre, allo spettacolo italiano verrà meno un volume d’affari di 15 milioni di euro l’anno».

 

Il benessere degli animali

Secondo l’Ente Nazione Circhi, gli animali non sono stressati, né tanto meno maltrattati. I dati indicano che il circo italiano conta meno di 2mila animali tutti nati in cattività e da generazioni a contatto con l’uomo. «Il metodo di rilevazione dello stress, scientificamente riconosciuto, ha dimostrato che gli animali nei circhi non sono stressati. In cattività gli animali hanno un’aspettativa di vita più alta, poiché curati e riparati dai predatori – ha detto Raffaella Cocco, Veterinario esperto in comportamento animale -. Negli animali che hanno alle spalle dieci generazioni di cattività, la relazione e l’interazione con l’uomo oltre che un arricchimento ambientale è anche un legame affettivo. La separazione da questo legame porta a conseguenze gravissime, come si può vedere in numerosi casi in cui animali sequestrati ai proprietari in buone condizioni di salute e di benessere, una volta portati nei centri di recupero, subiscono un grave crollo fisico e psicologico»,
«Costringere gli animali dei circhi in luoghi diversi dai quelli nei quali sono nati e vissuti sarebbe disastroso – ha aggiunto Maria Antonietta Ruggiero, docente di Pedagogia all’Università Roma Tre -. È una violenza cancellare nell’animale ciò che ha appreso in cattività e che gli ha fatto acquisire le modalità di adattamento a un nuovo ambiente».

da rivistanatura

 
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